Poesia MORTE

Attaccati ai rami, i nodi, stridevano come l’onda del mare, silenziosi tagliavano l’aria.

Tronchi sporgenti ombreggiavano la figura rilassante nel sacco, e il collo rivolto in basso penetrava con gli occhi stanchi le foglie secche.

Sul terriccio rosso del campo la mano penzolante dal corpo come fosse morta, sfiorava il cespuglio.

Nella parte alta del legno, il gatto siamese quatto quatto poggiava il corpo sulle zampe posteriore, alzava fiero i baffi e con l’azzurro degli occhi illuminava di riflesso il ginocchio penzolante dell’uomo.

Il rumore pesante del passo leggero del bimbo non scomponeva l’essenza dl pensiero lontano miglia e miglia dal proprio io.

La giovinezza assente posava sull’età pesante degli anni incalzanti sempre più verso il fine dell’essere asciutto.

Immaginava la fine del suo moto fra angeli di formiche alate nel ventre del suo sangue spartiva le urine della vescica ai vermi che veloci percorrevano il budello come l’autostrada affollata da microbi sconsolati, come la ghiaia del mare sporco di Gela.

La mano piccola del bimbo sfiorava i capelli grigi sorreggendosi forte sulla punta dei piedi cercando di salire sulla amaca l’equilibrio scostante delle breve oscillazioni dell’amaca porta a un tonfo sul pavimento ugolando forte alle orecchie, costrette a svegliarsi dalla immagine triste, scendendo veloce accarezzare il fiore, il sorriso acerbo del futuro lo riporta alla vita.